Di seguito pubblico con piacere "una pagina di diario", come lui la chiama, di Fracesco Guerini. Con Francesco ho la fortuna di aver reincrociato il mio "destino" ( è molto bella la definizione che lui da di questa parola ) e di condividere da tempo la magia di cantare suonare canzoni.
Questi giorni randagi ci hanno portato pochi giorni fa, assieme a Mattia Manzoni, a vivere una situazione molto forte, un concerto in un contesto dove le canzoni sia mie che soprattutto di De Andrè trovano l'interfaccia nel reale, e come mi piace pensare ti rovesciano addosso secchiate piene di provocazioni.
ALLE PIAGGE di FRANCESCO GUERINI ( pagina di diario )
È da quando sono tornato che sento il desiderio di scrivere della mia esperienza alle Piagge.
Alle Piagge – un quartiere popolare di Firenze che il luogo comune definirebbe un quartiere dormitorio – c'è “il pozzo”, che descriverei senz'altro come un'oasi. Il pozzo è una comunità di credenti la cui guida è Alessandro Santoro, prete. Una parrocchia, insomma.
La prima parola che associo a questa esperienza è “stupore”.
E qui mi permetto qui una nota biografica necessaria per evitare fraintendimenti. Chi mi conosce da poco o conosce solo la mia immagine pubblica probabilmente ha di me l'immagine di ateo “di ferro”: orgogliosamente iscritto all'UAAR (Unione degli Atei ed Agnostici Razionalisti), sbattezzato e apostata (“questo Papa è mio nemico” cfr Alessandro Lise e Alberto Talami, Quasi quasi mi sbattezzo, Padova, Becco Giallo, 2009). Chi mi frequenta da tempo sa però che parte delle esperienze che considero alla base della mia formazione sono state vicende di comunità in ambiente cattolico. Esperienze che difendo e ricordo con gratitudine.
Tornando alle Piagge, nelle poche ore trascorse ho assistito a una conferenza sconvolgente, mangiato a una cena “anarchico libertaria” e suonato nel concerto di Gio Bressanelli, un tributo a Fabrizio De Andrè, il tratto d'unione dei tre eventi. Tutti e tre nello stesso luogo: un prefabbricato autocostruito zeppo di scaffali e libri e sedie e tavoli e oggetti recuperati che nel giro “di un amen” – come dice il Gio – cambiava allestimento e uso grazie alla collaborazione di tutti.
Tutti. Ovvero il gruppo più eterogeneo e compatto che abbia mai visto. Una comunità, un organismo (e di conseguenza un pubblico di rara intensità).
Le esperienze forti mi lasciano sensazioni e parole difficili da portare a terra. Una di queste è stata proprio “comunità”. Questa parola, nello stare sopra tutti e dentro di tutti ha acquisito un senso profondo, come ogni cosa che sta sopra e dentro, come la morale. Immagino che sia questo che rende questo gruppo di persone così efficace, cosi “organismo”. Penso sia stata la prima (e unica) volta che ho percepito il sapore di questa parola. Non è poco.
Ma la parola più persistente, come già detto, è “stupore” e ribadisco: non è stupore di trovare il bene in un ambiente a me “avverso”, dall'altra parte del fiume, quanto piuttosto la “meraviglia”, la gioia di pensare: “è possibile”. Il sollievo di sapere che ovunque, nei luoghi fisici e morali, è possibile costruire cittadinanza e vita comune e viverla come normalità. Anche dove è difficile e non si è sostenuti da chi dovrebbe farlo, come nel caso delle Piagge. Il web contiene la storia della comunità e le sue vicissitudini, i conflitti con la Chiesa porporata, quindi per conoscerla vi rimando alle storie contenute nella rete. Qui mi limito a raccontare la mia meraviglia.
Mi capita spesso di usare la parola “destino”. Una parola che non mi piace se letta come ineluttabilità di un percorso futuro calato da chissà dove e chi. Ne amo invece il contenuto progettuale: “destino” come destinazione comune di più individui che riconoscono la propria umanità e il proprio desiderio di felicità e, dopo averlo riconosciuto, si costruiscono insieme e a vicenda la strada per arrivarci. “Destino” ha un peso molto politico, per come io intendo la Politica.
Alle Piagge ho vissuto la meraviglia di vedere come il mio destino agognato sia molto simile a quello di altre persone come me, ma diverse. Ho pensato e penso che la vita che vogliamo è la stessa e mi sento anche io comunità.
Sono lieto di aver conosciuto la comunità delle Piagge e la sua ostinata normale virtù.
foto di Elisa Tagliati
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